Storia di Nicola

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È una storia bella che porta lontano e che da lontano parte quando, il 22 marzo 1932, a San Giovanni Rotondo, ultimo di 10 figli, nasce Nicola. Dura la vita in quel periodo nell’entroterra pugliese; dura la vita se poi i tuoi, oltre alla tua, hanno altre 9 bocche da sfamare: inevitabile che Nicola in tenera età si dia già da fare nel negozio di verdura mandato avanti dal papà prima e nell’ufficio postale del paese poi, dove entra come telegrafista a soli 14 anni. Dura sì, ma se c’è la stoffa, non importa quanto dura sia, alla fine puoi vincerla; e qui di stoffa, come la storia dimostrerà, ce ne era, eccome se ce ne era.

Tutte le sere, terminato il lavoro, Nicola prende l’abitudine di recarsi in un vicino convento per passare un po’ di tempo in compagnia di uno strano frate. A questi piace la compagnia dei giovani e Nicola è pieno di ammirazione per lui. Inizia così una frequentazione – tutti i giorni tra le 17 e le 20 – che durerà fino alla morte del frate quando ormai l’iniziale ammirazione di Nicola si è trasformata in pura devozione. Non è una frequentazione qualsiasi, perché non si tratta di un frate qualsiasi e la devozione di Nicola è oggi la devozione di tanti: quel frate è oggi San Pio.

Sempre a San Giovanni Rotondo Nicola si sposa con una donna di origini marchigiane ed il matrimonio verrà ovviamente celebrato dall’amico frate. Unica, irrinunciabile costante, la capatina serale al convento, magari con una birretta che il frate non disdegna. Ma la tranquilla vita da impiegato in un piccolo paese di provincia che si prospetta non è all’altezza della stoffa di cui si è detto: quando, a inizio degli anni ’60, Nicola viene trasferito all’ufficio postale di una cittadina in pieno sviluppo come San Benedetto del Tronto, decide che è ora di buttarsi. Lo fa nell’edilizia: il periodo è quello giusto e le occasioni per riuscire non mancano. Certo, le occasioni da sole non bastano, bisogna anche saperle cogliere e, per questo, servono anche le capacità giuste. Ma anche queste non mancano ed inizia una storia imprenditoriale di successo. Quando, ormai affermato costruttore, si imbatte ed innamora di una fascia di terra in riva al mare nei pressi di Numana decide di tirare su un villaggio turistico e di buttarsi nel turismo. Il successo porta con sé mezzi e conoscenze che gli permettono di fare più in grande una cosa che ha sempre cercato di fare: dare una mano a chi ne aveva bisogno.

Quando Nicola decide di far celebrare ogni domenica messa nel suo villaggio turistico, il prete del vicino paese, impossibilitato a farlo lui, fa sì che lo facciano dei sacerdoti che si trovano in Italia per studiare teologia. Si tratta di sacerdoti che vengono da ogni parte del mondo. Ed è così che Nicola incontra Padre Daniel. Padre Daniel è Kitsa Daniel, un sacerdote che vive a Goma (Repubblica democratica del Congo) ed è assistente del vescovo locale.

Goma è la città tristemente famosa per la sua storia recentedominata dalle eruzioni del vulcano Niyagongo (2002 e 2005) e dalle vicende legate al genocidio del Ruanda che, a sua volta, ha alimentato la prima e la seconda guerra del Congo. Le conseguenze delle eruzioni e dei conflitti hanno tuttora effetti devastanti su una popolazione stimata in più di un milione di persone che vivono, chissà di cosa, sopra un mare di lava. Non bastasse il vulcano che la domina, Goma si trova anche sulle rive del lago Kivu, uno di tre laghi africani che contengono masse di metano; dovessero risalire in superficie provocherebbero una strage, come nel caso del lago Nyos in Camerun. Dura, vero? Beh, nonostante tutto, per incredibile che possa sembrare, a Padre Daniel poteva andar peggio, essendo egli nato nella zona di Masisi.



Masisi si trova a meno di 100 Km a nord di Goma cui è collegata da una pista quasi impraticab
ile. È da sempre il principale centro di conflitti tra l’esercito congolese e milizie indipendenti hutu e tutsi che mirano al controllo delle ricchezze minerarie del Congo orientale. Le condizioni di vita sono di sopravvivenza pura e l’unico tipo di energia disponibile è quella muscolare. Non quella animale, beninteso, ma quella umana, di grandi e piccini: si deve crescere in fretta a Masisi, se ci si riesce. 

Masisi è inaccessibile la gran parte dl tempo a causa dei combattimenti; a poco serve la presenza di una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite che, di fatto, si limita a garantire il sostentamento dei numerosi profughi e rende possibile la presenza di un presidio ospedaliero gestito da “Medici Senza Frontiere” che tratta civili e combattenti provenienti da tutte le parti del conflitto. Daniel nasce a Loashi, un villaggio a 10 Km da Masisi, e qui la vita non è solo dura, è precaria. A differenza di quella di Nicola, la famiglia di Daniel non è numerosa, ma se quella era una scelta, questa non lo è: sono le condizioni di vita e l’inaccessibilità di qualsiasi cura medica che comportano una alta mortalità infantile, a non lo permetterlo. 10 Km ad andare e 10 Km a tornare sono tanti quando sei un bambino, sei in montagna, non hai strade e magari nemmeno scarpe, ma Daniel riesce a fare le scuole primarie a Masisi. 

Sembra impossibile che partendo da queste condizioni Daniel Kitsa riesca a studiare ma, capacità, volontà e l’aiuto di una missione fanno sì che riesca ad entrare in seminario a Goma,  portare avanti gli studi e ad essere ordinato sacerdote. Si fa apprezzare ed arriva così ad essere inviato a completare gli studi di teologia a Roma. Due storie, una che inizia a San Giovanni Rotondo, l’altra che inizia a Masisi, che un bel giorno finiscono con il fondersi in un villaggio turistico di Numana. Non è incredibile tutto questo? Quante probabilità c’erano? Ma il caso non sa far di conto, o forse non c’entra il caso. Fatto sta che succede e Nicola rimane profondamente colpito dai racconti di Padre Daniel sulla realtà della vita tra Goma e Masisi. 


Sono racconti di miseria, di fame, di malattie e di guerre e quel bisogno di dare una mano a chi ha bisogno portano Nicola ad una domanda secca: “come ti posso aiutare?” Ecco una altra “voglia di fare” che finalmente ha intravisto “cosa fare”. Altrettanto secca la risposta di Padre Daniel: “una scuola”. Beh,cos’altro? Probabilmente è la sua storia che parla per lui: non è forse stata l’istruzione che gli ha permesso quel salto assurdo che da Masisi lo ha portato a Roma? E così, come è stato per lui, l’istruzione deve avvenire sul posto perché chi l’acquisisce lì rimanga, per metterla poi al servizio di altri, quando avrà acquisito mezzi e possibilità. L‘idea piace a Nicola che, colpito da quello che apprende sulle precarie condizioni di vita di tutti e delle donne in particolare, si pone un ulteriore obbiettivo: aiutare a studiare chi non può permetterselo, privilegiando le donne e gli studi in medicina.

E poi, per il vecchio imprenditore edile l’idea di costruire una scuola è un invito a nozze e così:

2004: nasce a Goma una scuola primaria per 550 alunni
2006: 
nasce a Masisi una scuola infermiere per 200 allieve 
2008: nasce a Goma una scuola primaria per 1300 alunni 
2010: 
nasce a Masisi il collegio per allieve infermiere con 100 posti letto

Scontato a chi intitolato il tutto.
E inoltre: impianti di acqua potabile (3) a Goma e Masisi, mucche (50) per produrre latte da distribuire ai bambini delle sue scuole, rette scolastiche per laureandi in medicina (Goma) e diplomande infermiere (Masisi). 

 Nicola non c’è più ma quello che ha fatto è lì bello solido per essere sfruttato come deve. E come farlo al meglio se non dando seguito all’impegno di Nicola di far studiare anche chi non potrebbe permetterselo?

È o non è una storia bella? Ma mica finisce qui: Maria Vittoria, la figlia di Nicola, ha prontamente ereditato l’impegno del papà. Come dice una canzone che un gruppo di studenti gli ha dedicato “Nicola n’est pas mort“.